Scopri la Vigevano di fine Ottocento attraverso i palchettisti del Teatro Cagnoni. <br />In ogni episodio esploreremo la città e conosceremo la sua storia attraverso la voce dei palchettisti storici del suo principale teatro. <br />Un podcast dallo stile narrativo adatto sia per chi vuole sapere di più su questa città, sia per gli appassionati della Belle Époque.
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6/1/2024
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June 8, 2024
<i>Di un teatro si può parlare descrivendone la bellezza: drappi di velluto, statue d’ottone, stucchipreziosi o perfino parlando dei concertisti e ballerini che hanno eseguito la loro miglioreesibizione. Oppure, invitandovi a mettervi comodi in un luogo speciale: tra ipalchetti d’onore, dove incontreremo le voci delle donne e degli uomini illustri che hanno datovita alla storia del Teatro Cagnoni di Vigevano.</i><br /><br />Siamo arrivati all’ultimo episodio del nostro podcast. In questa serie abbiamo conosciuto il teatro Cagnoni attraverso la voce dei suoi palchettisti ed insieme a loro, un po’ della storia di Vigevano. L’abbiamo visitato durante la sua inaugurazione, nella scorsa puntata. Oggi, daremo uno sguardo al teatro non più da fuori, né dai suoi palchi… ma da dietro le quinte! Infatti incontreremo Italia Giorgio: soprano e interprete del personaggio principale di una delle più belle opere messe in scena sul palco del Teatro Cagnoni, la Carmen di Georges Bizet…<br /><br /><b>Italia Giorgio</b>: Oh, scusate! Non mi ero accorta che foste già qui! Mi sto preparando per il mio debutto. Non il primo in assoluto, ma quando devo esibirmi in un nuovo teatro, è quasi come fosse ancora la mia prima volta. Chissà che pubblico incontrerò, se la critica verrà in mio favore o dirà male della mia voce. Sapete, essere attrice - seppur di repertorio di tutto rispetto - non è facile al giorno d’oggi - o meglio, ai giorni miei! Non è da molto che noi donne prendiamo parte alle rappresentazioni teatrali, quanto sarà…duecento anni? Be’, insomma, abbiamo cominciato a prendere parte in modo significativo in teatro solo nel XVII secolo. E non è che a fine Ottocento le cose vadano tanto meglio: di donne sul palco ne è pieno il mondo, ma guai a chiamarle “attrici”. Nossignori, meglio farci chiamare benestanti; dicono che la parola attrice sia…come dire… che non stia bene, ecco.<br /><br /><b>Narratore</b>: La Carmen suonò per la prima volta assoluta al Cagnoni nel 1892, quando ancora prendeva il nome di Teatro Municipale. La prima Italiana dell’opera era stata nel 1879, al San Carlo di Napoli, e la sua rappresentazione tornerà al Cagnoni ancora molte volte, fino all’ultima del 2014, sotto forma di balletto.<br /> <br /><b>I</b>: Notevole! Peccato che non sarò sempre io ad impersonare Carmen e ad intonare le note di Georges Bizet, ma che volete farci, il tempo scorreva veloce anche ai miei giorni… e a proposito di tempo, non manca molto all'ouverture, sentite l'orchestra? Sta già accordando gli strumenti, tra poco entro in scena. Non so se possiate vederli anche voi, ma se siete davanti la buca dell’orchestra, vi prego di prestare attenzione alla conta delle poltrone degli orchestrali… quante sono lo sapete? Ve lo dico io: c’è spazio per 36 professori d’orchestra - vale a dire i musicisti - 25 coristi uomini, 12 coriste donne e 12 paggi cantori. Di là, nel retroscena, dietro al sipario, trovano posto 40 comparse, 9 attori e persino due cavalli di scena… cavalli in carne ed ossa, eh!<br />Niente male, vero? E non è finita qui. Sono moltissimi i mestieri e le maestranze che lavorano insieme per dare vita allo spettacolo: levatori di sipario, maschere - che non stanno sul palco, ma vegliano tra di voi in platea quando tutto intorno si fa buio - e poi ci sono i vestiaristi, i bigliettai, gli attrezzisti, i calzolai e naturalmente, macchinisti, impresari, registi e direttori d’orchest… forse questo non avrei dovuto dirlo, ma già che ci sono… parliamone un po’. Si dice che il teatro sia la mimesi della vita, il principio secondo cui l’arte riflette la realtà. E così, come nella vita vera, capita che non fili sempre tutto liscio, e che qualche intoppo accada anche poco prima di una messa in scena importante.<br /> <br /><b>N</b>: In occasione della Carmen, fu presentata una dichiarazione dall’orchestra perché indignata dal fatto che non venisse diretta, come di consueto, dal Maestro Domenico Cagnoni - il fratello di Antonio Cagnoni, il compositore a cui più avanti venne intitolato il teatro. Al suo posto era stato scelto il maestro Vincenzo Maria Pintorno. Questi vantava un curriculum di tutto rispetto: amico di Mascagni e Puccini, aveva diretto opere nei più importanti teatri d’Italia. Ma le cronache dell’epoca non lasciano dubbi sul gusto dei vigevanesi per la gente del luogo. E tuttavia, nonostante le proteste, nulla impedì quella sera a Pintorno di dirigere una delle più belle rappresentazioni della Carmen.<br /> <br /><b>I</b>: Nella mia lunga carriera mi è successo altre volte di vedere certe rimostranze, accadono in tutti i teatri; capita quando c’è da mettere d’accordo un centinaio di persone. Nel corso della sua storia il Teatro Cagnoni ha ospitato più di 400 rappresentazioni. <br />Antiche e moderne, di teatro classico, lirico e contemporaneo. Da qui sono passati alcuni dei nomi più noti della drammaturgia, del mio e del vostro tempo. <br /><br /><b>N</b>: Oltre alla nostra Italia Giorgi, tra opera e prosa al Teatro Cagnoni sono passati molti volti dello spettacolo tra cui le soprano Renata Tebaldi e Margherita Carosio, le attrici Anna Proclemer, Emma ed Irma Grammatica e gli attori Renzo Ricci, Ugo Tognazzi e Walter Chiari.<br /><br /><b>I</b>: A proposito di grandi nomi, vorrei citarne uno che, seppur non abbia mai calcato la scena del Cagnoni, è comunque legato a Vigevano e, perciò, mi piacerebbe ricordarlo.Sono certa che non abbia bisogno di presentazioni: Eleonora Giulia Amalia Duse, nota a tutti “semplicemente” come la Divina. Figlia di due attori, è stata una delle più importanti attrici di teatro della mia epoca, e so per certo che la sua fama sia ancora viva. Quello che forse non tutti sanno è che sia nata proprio qui, a Vigevano. Di lei si dirà: “la sua recitazione era ridotta alla più pura e limpida essenzialità, assolutamente scevra dei tanti barocchismi e capricci vocali cari alle attrici sue contemporanee.” Un’ispirazione per tutte noi. <br />Sono felice di essere stata in vostra compagnia, le sentite? Sono le note de La "Habanera", la prima aria di Carmen, il mio personaggio! Mi attendono sul palco. Ma vi dico un’ultima cosa: questo brano in principio era un ballo di origine cubana. Con il suo ritmo coinvolgente e le atmosfere ammalianti, grazie all’estro geniale di Bizet è diventato una delle arie più famose di tutti i tempi. Violini, viole, violoncelli, contrabbassi e quelle irresistibili note che preparano l'entrata della voce con il celebre motivo "L'amour est un oiseau rebelle". Significa che l’amore sfugge a tutte le regole, come l’arte, anche quella del teatro dove tutto è possibile, basta solo crederci! <br />Fatemi gli auguri, vado… <br /><br /><i>“Racconti dell’Ottocento: i palchettisti del Teatro Cagnoni di Vigevano” è un podcast realizzato dall’Associazione Amici del Teatro Cagnoni di Vigevano. Curatela scientifica dei contenuti di Valeria Silvia Francese.</i><br /><i>Progettazione e produzione di testi, speakeraggio e postproduzione a cura di <b>eArs</b>.</i><br /><i>Si ringrazia il personale dell’Archivio Storico del Comune di Vigevano per il prezioso supporto nella ricerca dei contenuti.Il brano Ouverture dell’opera Il Ballo in Maschera di Giuseppe Verdi riprodotto nell’episodio è stato eseguito dall’ Orchestra Città di Vigevano. Questo podcast è stato realizzato con il contributo della Fondazione di Piacenza e Vigevano e della Fondazione Comunitaria della Provincia di Pavia Onlus, grazie ai fondi messi a disposizione da Fondazione Cariplo.</i>
June 7, 2024
<i>Di un teatro si può parlare descrivendone la bellezza: drappi di velluto, statue d’ottone, stucchi preziosi o perfino parlando dei concertisti e ballerini che hanno eseguito la loro migliore esibizione. Oppure, invitandovi a mettervi comodi in un luogo speciale: tra i palchetti d’onore, dove incontreremo le voci delle donne e degli uomini illustri che hanno dato vita alla storia del Teatro Cagnoni di Vigevano.</i><br /><i></i><br /><b>Narratore</b>: Vestitevi a festa, in questa puntata speciale siamo invitati a partecipare all’inaugurazione del Teatro Cagnoni di Vigevano! Pronti con le stole e i papillon? <br />Per l’occasione, per questa puntata lascio i miei panni di Narratore, per unirmi agli altri giornalisti invitati per il grande evento!<br /><br /><b>Giornalista 1</b>: Eravamo tutti in fibrillazione. Eravamo i giornalisti scelti per raccontare cosa sarebbe accaduto a Vigevano il giorno dell’inaugurazione del Teatro Cagnoni, al tempo, Teatro Municipale. Alcuni di noi si trovavano in città già da un paio di giorni. Temevamo che non ci fosse posto sulle carrozze dei treni, e di fatti, fu istituito appositamente un treno notturno speciale che avrebbe portato le genti dentro e fuori Vigevano, fino alla mezzanotte e mezza del giorno del primo spettacolo. Nulla di tutto questo era mai accaduto, e mai più accadde, neppure per i giorni dell’annuale fiera di Vigevano che si tennero proprio all'indomani dell’inaugurazione del Cagnoni! In città non si parlava d’altro e quando finalmente arrivò il giorno, l’11 ottobre 1873, noi giornalisti fummo felici di esserci portati dietro fogli su fogli per scrivere ciò che accadde quella sera. L’apertura era prevista per le 20.00, ma la fila al botteghino era già cominciata un’ora prima. L'impazienza era tanta che per fare largo la gente fu costretta ad aspettare in piedi nelle piccole traverse adiacenti al Teatro, davanti al portone ancora chiuso, non c’era più neppure un gradino vuoto in cui sostare. <br />Brutto segno per la concorrenza… per l’altro teatro, dico, il Teatro Galimberti. Nonostante un evento di questa portata, ha voluto comunque tenere la sua rappresentazione quella medesima sera. E certi suoi fedelissimi palchettisti - che magari erano pure contrari all’apertura di un nuovo teatro a Vigevano - ci sono anche andati. Credo più per una questione di principio che altro… Contenti loro!<br /><br /><b>Giornalista 2</b>: Io, invece, ero tra quelli sul treno delle 19 in partenza da Milano, avevamo solo un'ora per giungere a Vigevano in tempo, e ci riuscimmo. Sedevo insieme a ottime firme come Dobelli della Gazzetta, Sonzogno e Romussi del Secolo, e qualche cultore d’arte e notabile impresario teatrale di cui non ricordo il nome. Non eravamo i soli diretti all’inaugurazione. Da qualche parte, seppi più avanti, che sedevano in treno anche Giulio Bellinzaghi, sindaco di Milano, accompagnato dagli assessori Lubus e Finzi. C’erano anche quelli delle ferrovie, Ingegner… Ingegnere…<br />Ingegner Bontempelli. E ora che ci penso, c’era pure il Cavalier Lazzati, il presidente dell’amministrazione Ferroviaria. Chi avrebbe mai fatto arrivare il treno in ritardo con lui sopra?<br /><br /><b>G1</b>: Nei pochi attimi di silenzio, si potevano scorgere in lontananza le note dell'orchestra che accordava gli strumenti. Un violino, un fagotto o una viola al ripasso sui passaggi più incerti dei brani del <i>Ballo in Maschera</i> di Giuseppe Verdi. Dirigeva i musici il maestro Cagnoni, bisognava stare attenti però a non confondere i due fratelli: uno, Domenico, il direttore per questa serata, molto amato anche lui, a dire il vero, da orchestrali e cittadini; e l’altro, Antonio, anche lui musicista e compositore che appena un giorno dopo la sua morte nel 1896, diede il proprio nome al teatro. Fu una decisione del consiglio comunale, degli stessi, o forse solo alcuni, che poterono assistere all’inaugurazione. <br /><br /><b>G2</b>: S’erano vestiti tutti a gran festa, sfoggiando lusso, ricchezza ed eleganza. In particolare la signora Costa, moglie del deputato, aveva fatto vestire a festa anche le due figlie che vestite di bianco sembravano due sposine. Era una poesia di veli, gemme, orli in organza, seta, faille e ricami. Erano presenti tutte le nobil donne delle città: la contessa dalla Croce, la signora Campari, Comelli, Silva, Vandone, Fusi, Gusberti, Rigoni e Zanetti… <br /><br /><b>G1</b>: Che riempirono pian piano tutti i palchetti d’onore del Teatro. Le fecero accomodare, insieme ai di lor mariti, tra cui il sindaco Bretti e il Cav. Ing. Andrea Scala, ideatore del teatro. Come fosse una maschera e non il più specializzato dei progettisti di teatri, Scala fece a tutti, indistintamente dal rango, da guida per il teatro. E quando di colpo la sala si illuminò con le fiammelle a gas, Scala spiegò loro il prodigio di quella bellissima illuminazione interna. <br />Alcuni cronachisti dicono che presenti in sala v’erano pure l’architetto bolognese Gaetano Canedi, che aveva disegnato gli interni del teatro. Il teatro, decoratissimo, raccoglieva le opere di numerosissimi autori del tempo, comprese le pitture di un artista vigevanese, tale Schenone. Un gran medaglione al centro del velario rappresenta il Trionfo delle Muse, dipinto da uno dei mastri pittori più fidati di Scala, un tal Federico Andreotti, fatto venire apposta dalla Toscana, così come l'ornatore e lo stuccatore.<br /> <br /><b>G2</b>: La pittura del sipario e del comodino, invece, vennero affidate al Garberini, un artista vigevanese. Il sipario raffigura la cacciata degli Sforza da Vigevano, mentre il comodino un agape campestre sulle amene rive del nostro Ticino. Cos’è un comodino? No, non intendo il tavolino accanto al letto. Si tratta… di un velario in tela, posto all'interno del palcoscenico, un sipario dietro il sipario. Viene calato tra i vari atti dello spettacolo per nascondere al pubblico i lavori di preparazione della scena successiva… Come quando un mago mette il telo davanti al suo banco prima di svelare la sua magia dicendo…et voilà! <br />Ma torniamo a noi… le decorazioni insomma erano assai belle! Degne dello spettacolo che a momenti avrebbe preso inizio. Questo era stato commissionato dagli impresari Scalaris e Signoris, e sebbene non fosse certo una prima assoluta, fu scelto perché il risultato fosse degno di tale circostanza. <br /><br /><b>G1</b>: Dopo le bellissime interpretazione di ottimi soprani e tenori, la serata si concluse con un terzetto danzante, ma non corriamo troppo. Torniamo un momento a quella sera, l’orchestra ha finito di accordare gli strumenti, sta per iniziare un <i>Ballo in Maschera</i>, del maestro Giuseppe Verdi. Ecco che con le note di questa <i>Ouverture</i> si aprono insieme l’opera… e la storia del nostro amato teatro!<br /><br /><i>“Racconti dell’Ottocento: i palchettisti del Teatro Cagnoni di Vigevano” è un podcast realizzato dall’Associazione Amici del Teatro Cagnoni di Vigevano. Curatela scientifica dei contenuti di Valeria Silvia Francese.</i><br /><i>Progettazione e produzione di testi, speakeraggio e postproduzione a cura di <b>eArs</b>.</i><br /><i>Si ringrazia il personale dell’Archivio Storico del Comune di Vigevano per il prezioso supporto nella ricerca dei contenuti.Il brano Ouverture dell’opera Il Ballo in Maschera di Giuseppe Verdi riprodotto nell’episodio è stato eseguito dall’ Orchestra Città di Vigevano. Questo podcast è stato realizzato con il contributo della Fondazione di Piacenza e Vigevano e della Fondazione Comunitaria della Provincia di Pavia Onlus, grazie ai fondi messi a disposizione da Fondazione Cariplo.</i><b><br /></b>
June 6, 2024
<i>Di un teatro si può parlare descrivendone la bellezza: drappi di velluto, statue d’ottone, stucchi preziosi o perfino parlando dei concertisti e ballerini che hanno eseguito la loro migliore esibizione. Oppure, invitandovi a mettervi comodi in un luogo speciale: tra i palchetti d’onore, dove incontreremo le voci delle donne e degli uomini illustri che hanno dato vita alla storia del Teatro Cagnoni di Vigevano.</i><br /><br />In questa puntata non saremo in compagnia dei soliti notabili conti, industriali e cavalieri vigevanesi, ma incontreremo uno dei volti più noti della beneficenza di Vigevano e palchettista del Teatro Cagnoni... Adele Fleissner.<br /> <br /><b>Adele Fleissner</b>: Cosa credevano loro, nobili signori? Che una volta rimasta vedova avrei rinunciato per sempre al mio posto a teatro? Che senza un marito di fianco non sarei stata più capace di badare a me stessa? Mio padre, che fu un buon pittore - si chiamava Andrea Fleissner - ritrasse decine di uomini e donne della media e alta borghesia. Nei loro occhi, anche dipinti, potevi già leggere tutta la durezza delle regole del loro mondo. “Adele, orsù cara, stai a casa, non dire sciocchezze, le donne non votano, non viaggiano da sole, non dirigono le fabbriche. Non dirci ancora frottole…”Così. Noi donne tutto il giorno a sentir parlare in codesta maniera gli uomini di rango e anche le loro mogli… ma ci pensate? <br /><br /><b>Narratore</b>: Adele Fleissner era la moglie di Vincenzo Rigone, un fabbricante di seta vigevanese scomparso prematuramente. Per lui, al tempo, vennero pronunciate parole care. Di lui fu detto che era stato un uomo buono, cortese con gli operai che lavoravano per lui. Tanto che le cronache dell’epoca dicevano della fabbrica che somigliava “all’interno di un’operosa famiglia". Aveva istituito per gli operai dell’opificio una cassa di mutuo soccorso, a cui in seguito contribuì anche Adele. In principio, era stato chiesto a ciascun lavoratore di cedere una piccola parte del proprio salario diurno, a beneficio di tutti, e la parte restante sarebbe stata versata dai proprietari della fabbrica. Ma l’idea non piacque, eppure al mutuo soccorso non si poteva rinunciare. Così, i coniugi si fecero interamente carico della spesa. La fabbrica ora era anche il luogo dove a ciascun dipendente era garantito aiuto in caso di malattia o di un cattivo incidente. Alla cassa di previdenza volle partecipare anche il signor Giovannella, socio di Vincenzo, e venne deciso di versare un centesimo al giorno per ciascun operaio.<br /><br /><b>A</b>: Be’, in certe situazioni, io arrivai a stanziare anche 100 Lire, e non centesimi come quegli altri. Lo feci quando ce n'era di bisogno, ad esempio per gli operai del cotonificio Crespi colpito da un incendio nel 1881. La cifra più alta, insieme a quella di Crespi stesso. E non fu l’unica opera di bene: feci il mio dovere quando ci fu il terremoto a Casamicciola, e ogni volta che Vigevano ne ebbe di bisogno. Non vorrei farmene vanto, vi prego per questo di non travisare le mie parole, e - per carità - neppure le mie intenzioni. Vi dico quanto vi ho detto, solo perché vorrei tenervi al corrente che al tempo anche le donne erano ottime benefattrici. Ma quanti mezzi busti avete visto in giro per le vostre città mantenere viva la memoria di una donna? E i nomi delle scuole? A quante poetesse? La storia delle volte ha la memoria corta, e non si sa perché, i nomi coperti da strati di indifferenza e dimenticanza sono sempre i nostri. E a proposito di nomi. Ve ne dico uno: Emma Tettoni… Vi dice qualcosa?Niente? Non mi stupisce.<br />Il suo è proprio uno di quei nomi persi qui e lì nella storia. Era mia nipote, e fu allieva di Giosuè Carducci. Emma era più che una ragazza colta. Emma aveva idee, era una visionaria capace di vedere avanti più di cento anni di progresso, ed è per donne come lei che oggi molte delle cose date per scontate possono esserlo. Era una mente brillante, appassionata. Con la sua attività di conferenziera ha saputo scardinare le regole di un modello di donna insostenibile: ci volevano sempre taciturne, accomodanti, composte, amorevoli, premurose, e soprattutto, silenziose.Nel tempo che rimase con me a Vigevano, andavamo spesso al Teatro Cagnoni dove, dal mio palchetto, assistemmo alle più belle note e messe in scena di tutte le rappresentazioni del nostro tempo. <br />Sedavamo nel palco numero 7 di destra. Il palco era intestato a mio marito Vincenzo, e mio cognato Cesare, suo fratello. Ma sul finire del secolo me lo feci intestare, diventando una delle prime palchettiste donne del teatro. Un passaggio per eredità… in quegli anni era difficile per una donna acquistarne uno tutto per sé, e quindi era più facile vedere nomi di donna titolari di palchi solo per passaggio da padre in figlia o da marito a moglie. Alla mia epoca, tuttavia, il Cagnoni contò in tutto 16 donne titolari, su 68 palchi presenti. Poco sì, ma già molto per il tempo.<br /><br /><b>N</b>: Assieme ad altri palchettisti, Adele Fleissner fu anche promotrice di spettacoli di beneficenza, alcuni dei quali furono organizzati con la conduzione del maestro Domenico Cagnoni, fratello di Antonio Cagnoni a cui verrà poi intitolato il teatro nel 1896. Al tempo le donne non avevano molte occasioni di ricoprire ruoli attivi nella società, ma potevano ottenere ruoli di rappresentanza legati al circuito della carità e delle opere di bene. La beneficenza quindi era per una donna anche un metodo per ottenere il dovuto prestigio nella società. <br />Di Adele si dice, ad esempio, che quando scoppiò l’incendio al cotonificio dei Crespi - ce lo ha appena ricordato -, versò alla cassa degli operai una cifra alta tanto quella di Crespi stesso, o ancora, che donò una cifra di 100 Lire al Comitato di Soccorso per i Danneggiati delle Inondazioni. Il comitato era stato fondato a seguito dell’inondazione delle province di Rovigo, Venezia e Verona, e Adele, nonostante la lontananza, fu colei che si adoperò con la cifra più alta… Non abbiamo certezze su questo fatto, ma forse in quest’ultimo caso la sua opera di beneficenza fu di tale entità perché all’epoca sua nipote Emma Tettoni si trovava già a Rovigo, dove era stata nominata insegnante di pedagogia e direttrice della scuola normale femminile . A: Partecipai anche al comitato di costruzione della Chiesa di San Francesco, oggi nell’omonima piazza di Vigevano. Ne avete già sentito parlare nell’episodio dedicato al caro Carlo Scotti, vi ricordate? Penso vi ci avesse condotto lui stesso in quell’occasione… be’, potreste farci ancora un salto nell’attesa che cominci il nuovo spettacolo al Teatro Cagnoni, sono pressappoco 200 metri a piedi, e sono sicura che sia ancora lì! <br /><br /><i>“Racconti dell’Ottocento: i palchettisti del Teatro Cagnoni di Vigevano” è un podcast realizzato dall’Associazione Amici del Teatro Cagnoni di Vigevano. Curatela scientifica dei contenuti di Valeria Silvia Francese.</i><br /><i>Progettazione e produzione di testi, speakeraggio e postproduzione a cura di <b>eArs</b>.</i><br /><i>Si ringrazia il personale dell’Archivio Storico del Comune di Vigevano per il prezioso supporto nella ricerca dei contenuti.Il brano Ouverture dell’opera Il Ballo in Maschera di Giuseppe Verdi riprodotto nell’episodio è stato eseguito dall’ Orchestra Città di Vigevano. Questo podcast è stato realizzato con il contributo della Fondazione di Piacenza e Vigevano e della Fondazione Comunitaria della Provincia di Pavia Onlus, grazie ai fondi messi a disposizione da Fondazione Cariplo.</i>
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